I mandorli di Varese
I mandorli in fiore, durante la stagione primaverile, erano lo spettacolo più bello che si potesse mai vedere lungo le strade di Varese. Il colore, l’estensione dei rami e la loro allegra movenza, la corteccia intrecciata e perfino i petali che giacevano a terra, caduti per l’entusiasmo del vento, restituivano agli occhi dello spettatore un primordiale ardore ed un guizzo al cuore ineguagliabili.
Era un pomeriggio mite, assolato e tranquillo. Nella città, l’arsura non aveva ancora mietuto le proprie vittime vegetali ed il colore del mandorlo colpiva come una scenografia naturale. Era tra i passi svelti e trafelati dei lavoratori che si scorgeva il suo. Isabella camminava per le vie di Varese in cerca del laboratorio dove si sarebbe svolta la prima lezione del corso di giapponese.
D’altezza media, viso ovale, carnagione olivastra ed un paio di grandi occhi color nocciola e pagliuzzati d’oro. Il suo era un profilo fine, delicato, un’occhiata dolce e materna. Amava ridere e lo si poteva capire dalla fossetta leggera che spuntava al lato delle labbra. Il suo sguardo, ora, intento a cercare la via esatta, tradiva però una leggera ansia e passava da un marciapiede all’altro alternandosi allo scrutare del navigatore che disorientava la ricerca.
“Ecco, finalmente ci sono! Ah, vedi dov’era la sede! Un tempo ci si prendeva la pizza al trancio da queste parti” diceva tra sé e sé. Dando uno sguardo rapido alla villa che ospitava il corso di giapponese, non poté che rimanerne incantata. Immersa in quell’atmosfera, sentiva d’essere arrivata nel posto giusto e ne ebbe conferma quando vide Aya Kakizaki, l’insegnante che sorrideva all’ingresso.
Prese posto all’interno di quella che poteva sembrare una casa accogliente e sfogliò distrattamente il suo quaderno denotando le pagine ancora fresche ed intonse.
La classe ospitava non più di una decina di persone ed il pubblico osservava curioso Aya che riordinava la cattedra meticolosamente.
“Buongiorno, e benvenuti. Sono contenta di potervi accogliere all’interno di questo corso di giapponese. Come avrete potuto apprendere dall’opuscolo, questo è un corso strutturato per persone che si affacciano per la prima volta all’apprendimento della lingua. Mi piacerebbe conoscere le motivazioni che vi hanno spinto ad iscrivervi”.
Isabella diede uno sguardo intorno e vide i compagni che lanciavano occhiate gli uni verso gli altri.
“Io lo faccio per i mandorli fiore” disse Isabella con voce appassionata.
La professoressa restò piacevolmente basita. Passò qualche istante, Aya aveva spostato lo sguardo fuori campo, quasi trasportata in un luogo lontano. Corrugò leggermente la fronte e rivolse i suoi occhi oltre la finestra, assorta in un malinconico ricordo.
“Molto interessante come motivo. Come ti chiami?”
“Mi chiamo Isabella”.
“Benissimo, Isabella. Bel nome. Prima di cominciare, ti va di condividere con i tuoi compagni le tue idee? Può essere un modo per dare una motivazione in più per studiare giapponese”.
“Anni fa lessi da qualche parte uno stralcio di una poesia che recitava così: - mondo di sofferenza. Eppure, i ciliegi sono in fiore. – ora, so che quello che ci offre Varese non sono ciliegi, bensì dei mandorli. Ma possiamo estendere il significato di questo “haiku”, breve poesia giapponese sulla bellezza nonostante la caducità della nostra esistenza.
Questo è ciò che mi ha spinto finalmente, dopo molte indecisioni, ad iscrivermi a questo corso. Mi piacerebbe poter iniziare ad avvicinarmi alla cultura giapponese partendo dall’arte della scrittura degli ideogrammi e poter approfondire questa cultura”.
A questo punto Aya la scrutò con gratitudine. “sono molto lieta che ci sia questa intenzione. Sapete, vivo in Italia da molti anni, affascinata da sempre dalla vostra cultura millenaria, dall’arte e dal cibo naturalmente.” Ci fu un brusio tra i banchi, una sorta di approvazione ed accondiscendenza di cui il pubblico sentiva d’essere protagonista.
“è la prima volta, dopo molto tempo, che ripenso al mio Paese con commozione e malinconia. Sapete, lo spettacolo dei ciliegi in fiore è una tradizione molto amata da noi. Proprio come dice Isabella, per noi l’ammirazione della loro bellezza ha un duplice significato. La natura ci regala la sua magnificenza senza dimenticare di insegnarci del dualismo di una vita circondata da meraviglia, stupore e di pari passo la sofferenza del mondo in cui viviamo”.
Isabella sorrise e la fossetta si manifestò. “Iniziamo la nostra scoperta?”.
“Non vedo l’ora” concluse Aya Kazaki.
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Racconto di Elena Rizzato
Selezione del Concorso letterario Il Cavedio "Il mio corso di..." 2022
I mandorli in fiore, durante la stagione primaverile, erano lo spettacolo più bello che si potesse mai vedere lungo le strade di Varese. Il colore, l’estensione dei rami e la loro allegra movenza, la corteccia intrecciata e perfino i petali che giacevano a terra, caduti per l’entusiasmo del vento, restituivano agli occhi dello spettatore un primordiale ardore ed un guizzo al cuore ineguagliabili.
Era un pomeriggio mite, assolato e tranquillo. Nella città, l’arsura non aveva ancora mietuto le proprie vittime vegetali ed il colore del mandorlo colpiva come una scenografia naturale. Era tra i passi svelti e trafelati dei lavoratori che si scorgeva il suo. Isabella camminava per le vie di Varese in cerca del laboratorio dove si sarebbe svolta la prima lezione del corso di giapponese.
D’altezza media, viso ovale, carnagione olivastra ed un paio di grandi occhi color nocciola e pagliuzzati d’oro. Il suo era un profilo fine, delicato, un’occhiata dolce e materna. Amava ridere e lo si poteva capire dalla fossetta leggera che spuntava al lato delle labbra. Il suo sguardo, ora, intento a cercare la via esatta, tradiva però una leggera ansia e passava da un marciapiede all’altro alternandosi allo scrutare del navigatore che disorientava la ricerca.
“Ecco, finalmente ci sono! Ah, vedi dov’era la sede! Un tempo ci si prendeva la pizza al trancio da queste parti” diceva tra sé e sé. Dando uno sguardo rapido alla villa che ospitava il corso di giapponese, non poté che rimanerne incantata. Immersa in quell’atmosfera, sentiva d’essere arrivata nel posto giusto e ne ebbe conferma quando vide Aya Kakizaki, l’insegnante che sorrideva all’ingresso.
Prese posto all’interno di quella che poteva sembrare una casa accogliente e sfogliò distrattamente il suo quaderno denotando le pagine ancora fresche ed intonse.
La classe ospitava non più di una decina di persone ed il pubblico osservava curioso Aya che riordinava la cattedra meticolosamente.
“Buongiorno, e benvenuti. Sono contenta di potervi accogliere all’interno di questo corso di giapponese. Come avrete potuto apprendere dall’opuscolo, questo è un corso strutturato per persone che si affacciano per la prima volta all’apprendimento della lingua. Mi piacerebbe conoscere le motivazioni che vi hanno spinto ad iscrivervi”.
Isabella diede uno sguardo intorno e vide i compagni che lanciavano occhiate gli uni verso gli altri.
“Io lo faccio per i mandorli fiore” disse Isabella con voce appassionata.
La professoressa restò piacevolmente basita. Passò qualche istante, Aya aveva spostato lo sguardo fuori campo, quasi trasportata in un luogo lontano. Corrugò leggermente la fronte e rivolse i suoi occhi oltre la finestra, assorta in un malinconico ricordo.
“Molto interessante come motivo. Come ti chiami?”
“Mi chiamo Isabella”.
“Benissimo, Isabella. Bel nome. Prima di cominciare, ti va di condividere con i tuoi compagni le tue idee? Può essere un modo per dare una motivazione in più per studiare giapponese”.
“Anni fa lessi da qualche parte uno stralcio di una poesia che recitava così: - mondo di sofferenza. Eppure, i ciliegi sono in fiore. – ora, so che quello che ci offre Varese non sono ciliegi, bensì dei mandorli. Ma possiamo estendere il significato di questo “haiku”, breve poesia giapponese sulla bellezza nonostante la caducità della nostra esistenza.
Questo è ciò che mi ha spinto finalmente, dopo molte indecisioni, ad iscrivermi a questo corso. Mi piacerebbe poter iniziare ad avvicinarmi alla cultura giapponese partendo dall’arte della scrittura degli ideogrammi e poter approfondire questa cultura”.
A questo punto Aya la scrutò con gratitudine. “sono molto lieta che ci sia questa intenzione. Sapete, vivo in Italia da molti anni, affascinata da sempre dalla vostra cultura millenaria, dall’arte e dal cibo naturalmente.” Ci fu un brusio tra i banchi, una sorta di approvazione ed accondiscendenza di cui il pubblico sentiva d’essere protagonista.
“è la prima volta, dopo molto tempo, che ripenso al mio Paese con commozione e malinconia. Sapete, lo spettacolo dei ciliegi in fiore è una tradizione molto amata da noi. Proprio come dice Isabella, per noi l’ammirazione della loro bellezza ha un duplice significato. La natura ci regala la sua magnificenza senza dimenticare di insegnarci del dualismo di una vita circondata da meraviglia, stupore e di pari passo la sofferenza del mondo in cui viviamo”.
Isabella sorrise e la fossetta si manifestò. “Iniziamo la nostra scoperta?”.
“Non vedo l’ora” concluse Aya Kazaki.
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Racconto di Elena Rizzato
Selezione del Concorso letterario Il Cavedio "Il mio corso di..." 2022